Un gruppo di appassionati di telescriventi ha trovato il modo di
connetterle tra loro via internet, e gira le fiere sull’innovazione con il
motto “la vera comunicazione fa rumore”
Pubblicato il 22/01/2017
di SALVATORE TANCOVI
È possibile che un oggetto del secolo
scorso trovi posto in alcune delle fiere sull’innovazione più grandi d’Europa?
Difficile da credere che nella galassia dei moderni inventori, tra padiglioni
gremiti di stampanti 3D, droni e visori per la realtà aumentata, vi sia un
oggetto proveniente da un’altra epoca: una telescrivente del 1950. È la storia
di i-Telex,
un gruppo di appassionati della chat in vecchio stile, tramite telescriventi, che non solo collezionano queste antiche macchine ma hanno anche trovato un modo per connetterle a internet.
un gruppo di appassionati della chat in vecchio stile, tramite telescriventi, che non solo collezionano queste antiche macchine ma hanno anche trovato un modo per connetterle a internet.
In giro tra le fiere europee, soprattutto
quelle del circuito Maker Faire, per far conoscere al pubblico
un’idea che strizza l’occhio al passato, ma funziona grazie alle moderne
tecnologie. Sugli stand uno slogan, anch’esso nostalgico: “Real communication
makes noise”, la vera comunicazione fa rumore. Questo è anche il credo di
Riccardo Romagnoli, 47 anni, che colleziona telescriventi dal ‘95.
Le Telex sembrano delle macchine da
scrivere, ma come funzionano esattamente?
Ecco, le telescriventi sono il mezzo di
comunicazione esistito dopo il telegrafo e prima del fax, in parte scomparse
dalla memoria comune. In inglese si definiscono telex, da teleprinter exchange.
Grandi, ingombranti e abbastanza rumorose, quasi sempre relegate nel retro
degli uffici postali, forse per questo ricordate solo da chi ci ha lavorato.
Servivano a mandare dispacci in tempo reale tramite un sistema di onde radio,
uno strumento chiamato demodulatore traduceva questi segnali in linguaggio
permettendo di comunicare tramite telescriventi anche a grande distanza.
Ricordo ad esempio le Olimpiadi invernali di Cortina d’Ampezzo nel 1956: furono
installati circa 50 ricevitori radio per permettere ai giornalisti di
comunicare con le sedi centrali delle rispettive redazioni, il più velocemente
possibile.
Che modifiche sono state apportate dal
vostro gruppo a queste macchine?
Praticamente nessuna. Le telescriventi
sono originali, ma la vera novità è che invece di essere connesse tra loro
tramite onde radio oggi si appoggiano sulla rete internet. Nel 2001 le Poste
hanno spento il segnale per le linee telex, di conseguenza non sarebbe più
stato possibile usare le telescriventi. Noi abbiamo ridato vita alla rete
sfruttando la connessione internet tramite l’installazione di una componente
hardware (acquistabile sul sito i-Telex.net per 50 euro. ndr) che connette le
telescriventi a un router, rendendo così possibile la comunicazione anche a
migliaia di chilometri. Il progetto è basato sul puro diletto di noi collezionisti,
senza questo sistema le telescriventi sarebbero confinate alla cantina.
Quanti collezionisti conta la vostra rete?
Siamo circa 50 in tutto il mondo, e tra
noi ci sono anche dei ventenni. Vantiamo la presenza di collezionisti anche da
Canada e Australia, ma va detto che la maggior parte sono tedeschi, la Germania
infatti è il paese europeo dove nacque la prima rete telex negli anni ‘30 ad
opera della Siemens. A metà del secolo scorso queste macchine potevano essere
acquistate per circa 400 mila lire, il costo di un buon computer moderno. Oggi
su internet non è difficile trovare una telescrivente sui 150 euro.
Quindi se la vera comunicazione fa rumore,
che opinione hanno i collezionisti di telescriventi rispetto alle chat moderne?
Dipende dai casi. Io non sono su Facebook, ma utilizzo WhatsApp e Telegram.
Invece un amico collezionista tedesco, mio coetaneo, rifiuta anche lo
smartphone e possiede solo un vecchio cellulare. In casa avrà circa sei o sette
telex, una per ogni stanza, così la moglie per dirgli che è pronto in tavola
gli invia un messaggio con la telescrivente.
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