giovedì 22 settembre 2022

Una rivincita che ha significato.

 di Giuliano I1BPF


I1BPF

Non una ripicca o una vendetta, ma il  recupero di valori in cui credono più in pochi.

Ecco ciò che mi è successo, in modo apparentemente casuale, ma voglio credere che sia un segno. Da parte di chi o di che cosa non so. 

Ma ha la propria importanza. 

Per questo voglio condividerlo. Per questo me ne infischio delle reazioni polemiche e rabbiose, e scrivo questo resoconto.

Si tratta chiaramente di uno sberleffo a chi non condivide certi valori e presume di avere il diritto di fare ciò che gli pare anche quando pratica un'attività che non gli appartiene, e per la quale non è tagliato, anzi è proprio negato.

Andiamo con ordine però. Diciamo prima quale abito sto vestendo: sono un radioamatore. 


Cioè amo la radio. Una passione nata da ragazzo, e motivata soprattutto dal fatto che il controllo sull'informazione e sulle comunicazioni, a quei tempi, era un metodo per controllare il prossimo, per tenerlo in soggezione. Una censura preventiva.

La radio e il suo impiego erano una specie di mistero. Circolavano notiziari cinematografici in cui si parlava dei radioamatori con tono enfatico, a seguito delle ripetute alluvioni che a più riprese avevano tormentato il polesine.

Uno zio, "resistente" ai tempi della guerra, aveva acquistato il Radiolibro, di E. Ravalico, edito da Hoepli, allo scopo di tentare una improbabile comprensione di un mezzo che lui, da "resistente", aveva potuto apprezzare per conoscere lo sviluppo del conflitto in atto.

C'era la retorica di Radio Londra, radio Carolina, addirittura dai campi di concentramento. C'era una retorica bellica dietro, ma piena di sentimento e di volontà di essere liberi.

Leggevo quel libro ancor prima di iniziare le scuole elementari. Non comprendevo molto di ciò che veniva descritto, ma gli esperimenti di Hertz, Poulsen, Marconi, Augusto Righi ed altri nomi celeberrimi colpivano fortemente la mia fantasia, e mi hanno dato un'impronta indelebile.

La svolta decisiva avvenne quando i primi uomini vennero spediti a volare al di fuori dell'atmosfera.
terrestre, nello "spazio". Le comunicazioni avevano un ruolo essenziale in quegli esperimenti primordiali, volti più alla conquista di una supremazia che all'ideale scientifico. La telemetria di Laika, la povera cagnetta pioniera suo malgrado di tali escursioni piene solo di curiosità e di ignoto. I battiti di quel cuore destinato a spegnersi da lì a poco rimasero nella mia fantasia come una nota dolorosa ma
evocativa di progresso e di trionfo della conoscenza.

Andai al cinema con mio padre, un pomeriggio di inverno. Proiettavano un film di fantascienza (più fantasia che scienza). Aveva intenzioni più edificanti che scientifiche. Parlava di alieni e del cinismo umano. Degli alieni il cui pianeta era diventato inabitabile dovevano cercare un altro mondo in cui poter sopravvivere e, per farlo, hanno sfruttato la rozzezza umana dei due blocchi allora contrapposti. Fornendo alle due parti un'arma di distruzione di massa, basata sulle coordinate geografiche, dicendo loro che avrebbero potuto sfruttarla per sconfiggere il nemico. La gabola stava nel fatto che chi avesse deciso di sterminare il nemico avrebbe invece ucciso tutti coloro che si trovavano entro il suo blocco, liberando spazio per i nuovi ospiti.  
Ma la storia del film era mera propaganda politica in tempi di guerra fredda. Allora però, prima della proiezione del film, c'era l'usanza di mostrare alla platea vecchi cinegiornali, tipo film Luce, e vecchi documentari che interessavano a ben pochi. Ma riempivano il tempo, e ciò dava un senso ai cinemini di periferia.
Il documentario parlava dei radioamatori svedesi, mostrando una Stoccolma di sessant'anni fa. Ma le antenne Yagi per VHF, i trasmettitori auto-costruiti in formato armadio, rimasero
stampati nella mia memoria e condizionarono la mia vita futura per sempre. Avevo undici o dodici anni, ma, da quel momento, decisi che avrei dedicato la mia vita a quell'attività straordinaria.
Ero ancora troppo giovane per farlo a quell'epoca, e dovetti attendere di avere compiuto i sedici anni per potermi iscrivere all'A.R.I.. Ma le decisione era presa, ed era irrinunciabile. Quattro anni dopo, nel 1964, mi iscrissi all'A.R.I., ricevendo tesserino, decalogo del radioamatore e una brochure sulle antenne.  
Non potevo ancora prendere la patente (si poteva fare l'esame soltanto se si era nell'anno solare che precedeva gli anni diciotto), ma non era troppo presto per studiare, allo scopo di superare il temutissimo esame. Poi mi recai alla Sezione di Genova dell'A.R.I., che si trovava a soli trecento metri da dove allora abitavo. Tornai a casa frastornato ma felice, con in mente una "lectio magistralis" sulle antenne tenuta dall'allora Presidente, il professor Oscar Buglia Gianfigli, I1WR. Allora il radioamatore era necessariamente un tecnico, e il professor
Buglia lo era anche di professione. Insegnava misure radioelettriche al civico istituto tecnico
di via Venezia, a Dinegro. Da quel momento iniziò l'approccio alla pratica del radiantismo, fatto di piccole scoperte, di molta immaginazione, e poche basi tecniche su cui basare l'attività.
Per colmare quella lacuna fui iscritto all'Istituto Tecnico per Periti Industriali. Non quello
comunale che avrei tanto desiderato, ma a quello statale, che non aveva neppure un nome allora.
I libri letti da piccolo, la passione per la radio, la frequentazione dell'ambiente radioamatoriale furono preziosi per focalizzare la mia attenzione su quella materie che sarebbero state fondamentali per tutta la mia vita futura, ma che avrebbero consentito di comprendere i principi su cui era basata l'attività dei radioamatori.

Ricordo, negli ultimi anni di corso, come appariva strano il mio modo di pormi, in modo
assolutamente anticonvenzionale, nei confronti delle materie tecniche, privilegiando
l'aspetto applicativo rispetto a quello concettuale. Un vero scandalo per l'epoca.
Ma nel frattempo anche il radioamatore cresceva di pari passo. Appresi la telegrafia
Morse, feci l'esame per la patente. Poi attesi a lungo l'agognata licenza di trasmissione ed il
nominativo da OM. 
Allora i radioamatori erano praticoni. Pochi di loro conoscevano qualche elemento di fisica,
ma ciò non impediva loro di dedicarsi a costruire apparati ed antenne. Ma lo facevano
con rispetto ed umiltà, consci di non sapere, e desiderosi di poterlo fare. 
Il rispetto. Quando si accede ad un ambiente che non ci appartiene è la cosa fondamentale per non turbare l'armonia di comportamento che sta alla base della vita comune. Si apprendono le regole e ci si sforza di attenervisi.
Si fanno cose che pure non rientrano nel nostro gradimento, allo scopo di sentirsi parte del
gruppo. Oggi c'è la presunzione di poter esercitare dei diritti, infischiandosene dell'altrui
sensibilità, facendo solo ciò che ci garba, curando ciò che appare e non ciò che serve.
Sta iniziando la polemica, e io voglio raccontare in cosa sia consistita la mia rivincita.
Ero rimasto per lunghi anni, quelli della vita professionale, lontano dal radiantismo praticato.
Frequentavo ancora l'ambiente dei radioamatori, ma non usavo più la radio. La tecnica mi
appassionava maggiormente rispetto ai qso, e il livello tecnico dei radioamatori era sceso
notevolmente nel corso dei decenni.
Venne il momento della pensione e del maggior tempo a disposizione. Il ricetrasmettitore era
sempre lì, al suo posto, vecchio di cinquant'anni o quasi, ma sempre funzionante. Gli amici di un tempo erano ancora in vita. Perché non riprendere?
 



Provai a farlo. Mi sforzai di fare più collegamenti possibile, di arrampicarmi a stendere antenne, partecipare a qualche diploma o contest, fare proselitismo per la radio.
Mi resi quasi subito conto che quello non era più il modo di agire dei radioamatori del ventunesimo secolo.
Non si studia più. Le radio si comprano già belle e fatte, spendendo fior di quattrini. Le antenne pure. Le gare non piacciono ai più, timorosi a causa della propria incapacità di fare delle magre figure nei confronti dei colleghi.
E quelli che vorrebbero fare l'OM all'antica vengono visti come pericolosi attentatori all'altrui
diritto e serenità. La rivincita è consistita nel trovare e frequentare gruppi dediti alla radio nel modo superato ed antico, nella costruzione e nel confronto, nella ricerca di metodi per superare le difficoltà che si presentano inevitabilmente.
Esistono nuove modalità di comunicazione, più tecniche, ma vengono recepite malamente e
poco comprese. 
La radio propagazione è deficiente da decenni, e ciò non aiuta a stimolare l'interesse per il progresso tecnico, al fine di acquisire una sorta di supremazia.


Ma per fortuna ci sono coloro che fanno ancora "radio eroica", e provano a trasmettere
con poca potenza, magari recandosi in altura per sopperire ai limiti posti dal proprio QTH.
Insomma, il radiantismo, pure allontanandosi dalle proprie origini, continua ad offrire delle
opportunità allettanti a chi abbia la volontà di praticarle.
Quindi non esistono scuse per il progressivo distacco dalla pratica di questa attività.
Ricordo i colloqui sconsolati, alla Fiera del Mare, durante il MARC, con l'allora Presidente della Sezione di Genova, Franco Cento, I1IOF, riguardanti questo apparentemente inarrestabile declino per mancanza di appeal della nostra attività in tempi di internet, social. Sbagliavamo entrambi nell'identificare le vere cause del progressivo disinteresse verso l'attività radioamatoriale.
La causa di questo scadimento va ricercata nel cessare della strategicità delle comunicazioni radio. Si sono allentate tutte quelle attività di controllo e di sicurezza che costituivano ai tempi d'oro della radio una forte difficoltà, per cui riuscire a conseguire l'autorizzazione a trasmettere (licenza di trasmissione) veniva assunta come una sfida da vincere.
Il passaggio da "licenza" ad "autorizzazione", e la conseguente semplificazione delle procedure hanno cagionato l'indiscriminato accesso di molta gente non motivata a sufficienza per volersi in qualche modo emancipare e progredire nella tecnica della radio. Essere radioamatore è diventato più che altro un vezzo, un capriccio, senza motivazioni etiche.
Da qui lo scadimento della qualità media degli OM e l'allontanamento di individui validi,
frustrati dal generale clima di disfacimento e dalla ripulsa della naturale tendenza al progresso tecnologico che precedentemente animava l'ambiente. 

Se gli elementi più validi preferiscono abbandonare l'attività, o si rifugiano in altre realtà dell'utilità sociale, l'associazione dei radioamatori perde di qualità, e rimane popolata da ciò che rimane, con minori pulsioni etiche e ben felice di avere conseguito un primato nell'associazione una volta impossibile.
Forse una colpa la hanno anche coloro che si sono lasciati scoraggiare, allontanandosi dalla
vita associativa. Ma anche coloro che intendevano fieramente difendere gli antichi valori sono stati mesi in condizione di dover realizzare altrove le proprie legittime aspirazioni.

Recuperare questa situazione compromessa appare impresa impossibile. Ma nel marasma
generale, per fortuna, c'è ancora qualche anziano dotato di saggezza. Al mio scoramento, di fronte agli atteggiamenti irragionevoli di conservazione del nulla, uno di costoro mi ha sussurrato: "Giuliano, non te la prendere. Ci penserà l'anagrafe a fare giustizia!"
Scarsa soddisfazione, vista l'età media dei partecipanti, tra i quali l'anagrafe potrà fare ben poche distinzioni.




Però ci sono anche dei giovani (relativamente giovani), realmente appassionati e tarantolati da questa passione, che costituiscono una vera fucina di idee, proponendosi (e proponendomi)
di usare gli attuali "media" per recuperare questo grave gap.
Sto pensando a ciò anch'io, e, pur non sapendo ancora cosa farò, mi accingo a lasciare la tastiera per passare al filmato breve.


A questo punto per i detrattori della nostra attività si prospettano tempi grami. L'esempio
me lo hanno dato anche i nostri amati politici, durante questa barbara campagna elettorale.
Hanno usato Tik Tok per raggiungere la fascia più giovane. Sempre più gente abbandona la
parola scritta per rifugiarsi nell'immagine animata, sia esso filmato o fumetto animato.
Quindi appuntamento sui social e avanti con i telefonini!


questo bellissimo articolo di Italia 1 Buon Prosciutto Fresco è stato illustrato da 

IZ1KVQ
Francesco Giordano
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