La radio –
ci rivela Paolo Morandotti di Italradio, Osservatorio della
radiofonia internazionale in lingua italiana – non gode degli investimenti
cospicui dedicati ai grandi progetti multimediali che coinvolgono soprattutto
Internet, televisione e stampa; al contrario sembra essere il primo medium al quale
i servizi pubblici, particolarmente quelli europei, pensano quando occorre
tagliare le spese.
Se questo è
vero, qual è il presente e il futuro della vecchia, cara radio? Proviamo a
capirne di più…
Italradio
è un attento Osservatorio attento sulla diffusione della radio in lingua
italiana nel mondo. Ci può fare una fotografia sulla situazione attuale? Per
esempio n Africa – dove la radio è un mezzo ancora molto diffuso – ce ne sono
che trasmettono in lingua italiana?
In generale,
la radio in lingua italiana nel mondo è divisa in due categorie: i
programmi trasmessi da enti pubblici, religiosi o talvolta privati per
l’estero, di solito su onde corte o via satellite e in streaming, e le
trasmissioni destinate alle comunità italofone all’estero, trasmesse a
livello locale via etere (in FM o onda media) e realizzate da membri della
stessa comunità. I primi sono stati progressivamente abbandonati e oggi ne
sopravvivono solo una decina; tra questi, si segnalano il programma
italiano della Radiodiffusione della Repubblica Araba d’Egitto, meglio
conosciuta come Radio Cairo, e quello di Radio Tunisi Internazionale. Entrambi della durata
di un’ora, hanno caratteristiche diverse: più informativo il primo, più musicale
il secondo. Si tratta di due preziose finestre su due Paesi nordafricani
di grande importanza geopolitica. Molto vitali, invece, sono le
trasmissioni per le comunità italiane all’estero. Il recente programma Radioviaggio, condotto da Lara Drcic sulle frequenze
di Radio Capodistria, ha messo in luce come queste
radio godano di un grande prestigio presso il proprio pubblico e riescano
talvolta a diventare un vero punto di riferimento per tutta la comunità.
Trasmesse via etere a livello locale, ora possono essere conosciute in
tutto il mondo grazie allo streaming.
Come è
cambiata la radio con l’avvento di Internet e delle webradio? Qual è lo stato
di salute della radio nel mondo?
Il
cambiamento indotto da Internet è stato relativamente contenuto, nella sostanza;
purtroppo, la presenza della Rete è stata spesso presa a pretesto per eliminare
servizi – in particolare in onde medie e corte - bollati come obsoleti,
con l’obiettivo di risparmiare sui costi. Le nuove tecnologie sono state
gestite bene dalla radio: l’uso del podcast,
per esempio, ha fatto conoscere i programmi radiofonici anche ai più
giovani; i social network sono usati comunemente per interagire con il
pubblico. La radio ha dimostrato di sapersi adattare alle novità, come ha
sempre fatto nel corso della sua storia.
Quali
sono i punti di forza e i punti di debolezza della radio rispetto alle
nuove tecnologie?
La radio si
è mossa in modo autonomo e originale rispetto al processo di convergenza
multimediale in atto da alcuni anni; questo, a mio avviso, rappresenta tanto
una debolezza quanto una forza. Debolezza, perché non gode degli
investimenti cospicui dedicati ai grandi progetti multimediali che
coinvolgono soprattutto Internet, televisione e stampa; al
contrario, sembra essere il primo medium al quale i servizi pubblici,
particolarmente quelli europei, pensano quando occorre tagliare le
spese. Forza, in quanto, mentre gli altri media si stanno diluendo in
forme espressive e comunicative sempre meno marcate, riesce a conservare un’identità precisa e riconoscibile. Oltre a ciò, punti
forti della radio restano l’uso in mobilità e l’immediatezza del messaggio
che trasmette; elemento di debolezza, invece, è anche l’indecisione nella
scelta di una tecnologia digitale ben definita, con i variformati DAB e DRM che hanno assorbito
investimenti senza mai diventare veri punti di riferimento per
i costruttori e per il pubblico.
Qual è
oggi il pubblico della radio? E delle webradio?
Credo che in
Italia, dopo il Grande Referendum EIAR del 1939/40, non siano più
stati fatti studi ampi e approfonditi sul pubblico della radio, perciò è
difficile, se non impossibile, definirlo: di certo, è sempre stato e
sempre sarà un pubblico eterogeneo, che si riflette bene nella vastissima
offerta di generi radiofonici sviluppatasi nel corso degli anni. Circa le
webradio, devo dire che esulano dagli studi condotti da Italradio, soprattutto
perché è ancora difficile darne una caratterizzazione precisa in termini
di modalità espressiva. Sarà interessante seguirne la maturazione, nel corso
dei prossimi anni; oggi, però, la fruizione digitale della radio è ancora
troppo limitata per poter fare un profilo attendibile degli ascoltatori.
Che
tipo di indagine e che tipo di fonti consultate per avere un
quadro dettagliato della diffusione delle radio in lingua italiana nel
mondo?
Internet è
il veicolo principale per raccogliere queste informazioni, anche se non
sempre sono accurate e aggiornate. Inoltre i lettori del portale e gli
ascoltatori della nostra webradio sono molto attivi nel segnalarci
variazioni e novità nei programmi in italiano nel mondo. Il mondo delle radio italofono è così vivo che ogni
semestre cerchiamo di rifare il punto della situazione, aggiungendo nuovi
programmi o eliminando quelli che nel frattempo hanno cessato le attività.
Come lo
vede il futuro prossimo della radio?
Temo che ci
saranno nuovi tagli, soprattutto in Europa, di emissioni in modulazione
d’ampiezza e in generale dei servizi internazionali; si consoliderà, invece,
l’ascolto a livello locale e nazionale. Chiudere le trasmissioni capaci di
coprire grandi distanze è quasi negare la natura stessa della radio, ma penso
che la radio saprà sopravvivere anche a questo.
Difficile capire se la radio imboccherà con decisione la via della diffusione
digitale, prevedibilmente in DAB+, o se alla fine resteranno le emissioni
analogiche in FM. Alcuni Paesi scandinavi stanno pensando a uno switch-off, sul
modello di quello attuato per il digitale televisivo terrestre, altri –
come Spagna e Francia – non hanno alcuna intenzione di avviare trasmissioni
digitali, altri ancora mantengono un sistema misto. Fino a quando una scelta
precisa non sarà compiuta a livello europeo, temo che sia impossibile prevedere
un futuro sostanzialmente diverso dal presente: anche il nuovo modello di
radio che crea una programmazione personalizzata in base alla profilazione
del proprio utente non potrà essere realizzato a breve.
C’è
ancora un mercato per le radio oppure le radio sono solo cercate dai
collezionisti o da incalliti radioamatori?
Al momento
gli apparecchi riceventi soffrono la mancanza di piani precisi per lo
sviluppo del digitale radiofonico, mentre l’analogico è progressivamente
abbandonato. Non è chiaro se e quando il DAB/DAB+ diventerà abbastanza
diffuso da soppiantare l’FM e altri standard, come il DRM, hanno successo
in Asia e Africa, ma in Europa faticano addirittura a mantenere una
presenza concreta; forse le annunciate novità, come le radio ibride che permetteranno di ascoltare
una stazione via etere o in streaming, daranno nuova vita a un mercato
che, per ora, rimane confuso.
Come
dovrebbe essere secondo lei una programmazione radio vincente per reggere la
concorrenza delle webradio e dell’enorme concorrenza favorita dalle nuove
tecnologie?
Semplicità,
personalità, qualità e riconoscibilità saranno ancora le armi vincenti della radio. Non è possibile creare una
programmazione ideale, ma chi saprà fondere questi elementi troverà le
soluzioni più gradite al pubblico. Con un rinnovato interesse dei privati
per le onde medie, forse anche in Italia la radio sarà più attenta alle realtà
locali, alla prossimità, al territorio, come già succede in Paesi in cui
la radio è fortemente radicata nelle abitudini degli ascoltatori: penso
alla Spagna, agli Stati Uniti, al Canada che rappresentano modelli
radiofonici molto interessanti e, per certi versi, sorprendenti.