A seguito delle richieste e segnalazioni che ci pervengono abbiamo ritenuto necessario far conoscere più da vicino le caratteristiche degli impianti di radioamatori e quale apporto elettromagnetico possono dare sull’ambiente circostante.
Pubblicato sul sito dell'ARPA di Bologna il 14/01/2013 http://www.arpa.emr.it/dettaglio_notizia.asp?id=4063&idlivello=4
Per prima cosa possiamo distinguere gli impianti radioamatoriali, in 2 categorie:
a) Gli “OM” (acronimo di Old Man, “caro vecchio amico”), cioè quelli che per ottenere la licenza devono superare un esame di stato, con cui dimostrano di conoscere le tecniche e le procedure necessarie per la trasmissione radioamatoriale. Le loro “intercomunicazioni” possono avvenire solo su alcune bande di frequenza assegnate internazionalmente al Servizio di Amatore.
b) I “CB” (acronimo di Citizen Band, utilizzatori della sola banda cittadina, attorno ai 27 MHz), a cui è concesso di usare apparati ricetrasmittenti di piccolissima potenza con finalità locale e per i quali lo Stato non richiede conoscenze tecniche o comportamentali, basta pagare un tassa annuale.
I radioamatori OM, costituiscono una realtà mondiale riconosciuta come “Servizio” e trovano la giustificazione ufficiale della loro esistenza nella ITU (International Telecommunications Union), che riconosce ai radioamatori debitamente autorizzati, finalità di “intercomunicazione, ricerca tecnica e sperimentale senza fini di lucro”.
L’intercomunicazione con altri radioamatori del mondo, richiede l’utilizzo efficiente delle proprie apparecchiature, che non prevedono elevate potenza di trasmissione; mediamente infatti vengono irradiate un centinaio di Watt, circa la stessa potenza di una lampadina.
Può capitare però che radioamatori esperti con accorgimenti tecnici aumentino tale potenza, fino al limite consentito dalla vigente normativa italiana che prevede un massimo di 500 Watt.
Le caratteristiche di trasmissione contemplano che il radioamatore possa scegliere quale delle bande di frequenza permetta in quel momento la migliore riflessione delle radioonde da parte della ionosfera, concentrando con antenne direttive la sua potenza di trasmissione per inviarla solo nella direzione del corrispondente.
Come tutte le sorgenti di onde elettromagnetiche, anche quelle generate ed irradiate dai radioamatori devono sottostare ai limiti e ai vincoli imposti dalla legge. Inizialmente, nell’anno 1998, con il Decreto del Ministero dell’Ambiente n. 381 e successivamente con la Legge Quadro n. 36 del 2001, e relativo D.P.C.M. dell´8 luglio 2003 "Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualita´ per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz.", sono state “normate” le emissioni anche per gli impianti radioamatoriali; tale D.P.C.M. ribadisce i limiti di esposizione già a suo tempo stabiliti dal D.M.381/98.
A seguito della suddetta legislazione nazionale, le varie Regioni d’Italia, hanno emanato proprie leggi in materia, nell’ambito delle proprie competenze. La situazione si è così diversificata da Regione a Regione, per quanto attiene le modalità per il rilascio delle autorizzazioni alla installazione degli impianti.
In Emilia Romagna la L.R. 30/2000 e ss.mm.ii, all’art. 2 “campo di applicazione”, secondo comma, recita: ”Gli apparati dei radioamatori regolati dal DPR 5 agosto 1966, n. 1214 saranno disciplinati con apposito regolamento della Regione, nel rispetto delle disposizioni di cui al DM n. 381 del 1998, entro 120 giorni dall’approvazione della presente legge”.
Tuttavia, tale regolamento, ad oggi non è ancora stato emanato.
Ritornando a livello nazionale l’entrata in vigore nell’anno 2003 del D.Lgs. n. 259 “Codice delle comunicazioni elettroniche”, prevede espressamente un capitolo dedicato ai radioamatori (Titolo III-Capo VII: RADIOAMATORI e Allegato 26), nel quale viene indicato che l’autorizzazione generale per l’impianto e l’esercizio di stazioni di radioamatore è rilasciata dall’Ispettorato Territoriale del Ministero competente per territorio, al quale devono essere inviate le dichiarazioni/informazioni previste dalla normativa e al quale sono attribuite le competenze in relazione a detti impianti.
Ma le emissioni radioamatoriali costituiscono un pericolo per la salute dei cittadini?
Sono esse confrontabili con le emissioni di altri Servizi, come la radio diffusione, le televisione o la telefonia cellulare ?
Se riepiloghiamo le principali condizioni operative notiamo che:
a- il radioamatore in genere svolge tale “attività” come hobby, e quindi dedica solo alcune ore al giorno, nelle quali comunque la maggior parte del tempo è dedicata all’ascolto e quindi sono molto brevi i suoi “tempi di trasmissione”.
b- L’uso dell’apparato SSB (Single Side Band) e della telegrafica implicano che nessuna radio-onda venga irradiata tra una parola e l’altra o tra un carattere telegrafico e l’altro. I 100 - 300 Watt di cui si è detto, sono presenti solo nel picco della modulazione o a tasto abbassato. Nelle pause del discorso o tra una parola e l’altra nessuna potenza viene trasmessa. Per tale ragione, il calcolo della potenza mediata nel tempo ed effettivamente irradiata nell’arco di 6 minuti, così come previsto dalla normativa italiana, risulterà bassissima o addirittura non valutabile.
c- Tramite l’antenna direttiva, la maggior parte della potenza trasmessa è diretta verso la ionosfera per sfruttarne la riflessione, solo nella direzione del radioamatore con cui si tenta di collegarsi. Il “cono” di energia concentrata è sufficientemente stretto e l’antenna sufficientemente alta da far sì che l’onda trasmessa intercetti il terreno e quindi le zone abitate a distanza tale da rendere il campo elettrico ivi misurabile pressoché trascurabile.
Di conseguenza gli impianti radioamatoriali non possono essere certo equiparati ad altre tipologie di sorgenti elettromagnetiche quali le Stazioni Radio Base per la telefonia cellulare o gli impianti diffusivi a servizio della tele-radio diffusione, caratterizzati da emissioni continuo nell’arco delle 24 ore e con potenze sicuramente più elevate.
Per tali ragioni si può affermare che l’impatto elettromagnetico che tali
apparati generano nell’ambiente circostante sia da ritenersi trascurabile e
pertanto da non rappresentare una fonte di rischio elettromagnetico.
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