Nonostante le nuove tecnologie, restano il mezzo più sicuro per dare aiuto nelle tragedie. E gli appassionati sono in aumento
- Lun, 16/01/2017 - 08:51
«I radioamatori sono le ombre amiche dei viaggiatori di mare. Le voci e la vita che continuano chissà dove. Le voci che rompono il silenzio ossessivo e troppo lungo di certe solitudini. Che mi hanno seguito e amato. Volti nascosti e inimmaginabili che non vedrò mai. Ma anche a loro devo la forza di essere sempre arrivato a destinazione».
Parole di Ambrogio Fogar, tratte dal suo ultimo libro: «Solo la forza di vivere». Ambrogio Fogar, riconoscibile e contattabile per tutti i mari, via radio, proprio grazie al suo nominativo di radioamatore: I2NSF. L'universo (quello vero) è tutto loro. Anzi, anche mio, considerato che sono uno di loro. Ci sono ancora? E chi sono? Giocano con i loro «baracchini», parlandosi da un quartiere all'altro? O gigioneggiano a bordo di bisonti della strada per dirsi dove meglio fermarsi a mangiar bene? Macché quella è la preistoria della disinformazione. No, sono (siamo) soltanto un esercito di «pescatori di segnali». Una rete fatta di antenne, attese pazienti, prove e riprove. Perché siamo anche tecnici e sperimentatori. Una rete cucita insieme dal filo della solidarietà che fa spuntare il sorriso su mille volti che non si conoscono e, probabilmente, non si conosceranno mai.
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